🧠 Riflessioni sull'Intelligenza Artificiale: dall'uso casuale al pensiero aumentato

5 giugno 2025

Perché stiamo sprecando il regalo più grande della storia umana

Osservo quotidianamente una contraddizione affascinante: viviamo nell'epoca di maggiore accessibilità all'intelligenza artificiale, eppure la maggior parte di noi la usa come un semplice calcolatore evoluto. È come avere tra le mani uno Stradivarius e utilizzarlo per aprire lattine.


La grande illusione della produttività artificiale


"Ho chiesto a ChatGPT di scrivermi una mail" - sento questa frase decine di volte al giorno. E ogni volta mi chiedo: ma poi cosa ne hai fatto di quella mail? Dove sono finiti i ragionamenti, i collegamenti, gli spunti che l'AI ti ha fornito?


La verità è che stiamo trattando l'intelligenza artificiale come un distributore automatico di contenuti: inseriamo una richiesta, prendiamo il risultato, andiamo avanti. Consumo e spreco invece di costruzione e crescita.


Il paradosso è che questa modalità di utilizzo - quella che io chiamo "consultazione spot" - spesso ci rallenta invece di accelerarci. Perché ogni volta ripartiamo da zero, senza memoria, senza connessioni, senza evoluzione.


Il momento storico che stiamo vivendo (e che forse non realizziamo)


Facciamo un passo indietro. Siamo testimoni di qualcosa che non è mai accaduto prima nella storia dell'umanità: l'accesso democratico a un'intelligenza che può dialogare, ragionare, creare e imparare con noi.

Non è solo tecnologia. È amplificazione cognitiva.

Per millenni, l'evoluzione umana si è basata sulla trasmissione della conoscenza attraverso generazioni, sulla costruzione collettiva del sapere, sull'accumulo progressivo di competenze. Oggi, per la prima volta, abbiamo la possibilità di creare una simbiosi cognitiva in tempo reale.

Ma la stiamo usando per scrivere mail.


La differenza tra chi usa l'AI e chi pensa con l'AI


Osservando professionisti di diversi settori, ho notato una linea di demarcazione netta tra due approcci:

Chi usa l'AI la vede come uno strumento esterno. Un assistente digitale a cui delegare compiti specifici. Il rapporto è: "Fammi questo" → risultato → fine.

Chi pensa con l'AI la integra nel proprio processo cognitivo. Non delega, collabora. Il rapporto è: "Ragioniamo insieme su questo" → dialogo → iterazione → approfondimento → connessione con altri progetti → crescita.

La differenza è abissale. Chi appartiene al secondo gruppo sta sviluppando quello che potremmo chiamare un "superpotere cognitivo": la capacità di processare informazioni, generare idee, risolvere problemi e creare connessioni a una velocità e profondità impensabili fino a pochi anni fa.


Come cambia il lavoro quando l'AI diventa parte di te


Immagina di avere una memoria perfetta che non dimentica mai nulla dei tuoi progetti. Un partner di ragionamento che può elaborare migliaia di variabili mentre tu ti concentri sulla strategia. Un assistente creativo che genera infinite possibilità mentre tu scegli la direzione.

Questo non è fantascienza. È quello che accade quando si passa dall'uso sporadico all'integrazione organica dell'intelligenza artificiale nei propri processi di lavoro.

Ho visto professionisti:

  • Dimezzare i tempi di ricerca e documentazione mantenendo (anzi, aumentando) la qualità
  • Moltiplicare la creatività perché possono esplorare strade che prima non avevano tempo di percorrere
  • Non perdere mai un'informazione perché hanno creato sistemi di memoria intelligente
  • Anticipare problemi e opportunità attraverso simulazioni e analisi predittive


Non è magia. È architettura dell'intelligenza.


Il vero ostacolo: la mentalità dello strumento


Il problema principale non è tecnico, è concettuale. Continuiamo a pensare all'AI come a uno "strumento" da usare quando serve, invece di vederla come un potenziamento permanente delle nostre capacità cognitive.

È la differenza tra indossare gli occhiali solo quando dobbiamo leggere e incorporare lenti che migliorano costantemente la nostra visione.

Quando iniziamo a ragionare in termini di "pensiero aumentato" invece che di "automazione dei compiti", tutto cambia. Non stiamo più cercando di far fare all'AI quello che facevamo noi, ma stiamo esplorando quello che possiamo fare insieme che nessuno dei due potrebbe fare da solo.


La sfida culturale che ci aspetta


Siamo di fronte a una transizione culturale profonda. Come quando l'umanità è passata dall'oralità alla scrittura, dalla scrittura alla stampa, dalla stampa al digitale. Ogni volta, non si è trattato solo di adottare una nuova tecnologia, ma di evolvere il modo stesso di pensare e organizzare la conoscenza.


Oggi la sfida è simile: non si tratta di imparare a "usare l'AI", ma di sviluppare una nuova forma di intelligenza collaborativa.


Chi comprende questo passaggio per primo, chi sviluppa questa nuova forma mentis, avrà un vantaggio competitivo non solo temporaneo, ma strutturale. Perché avrà imparato a pensare in un modo che gli altri stanno ancora scoprendo.


Una riflessione personale


Come divulgatore e formatore, vedo ogni giorno l'enorme gap tra il potenziale dell'AI e l'uso che ne facciamo realmente. È una responsabilità che sento profondamente: aiutare le persone a non sprecare questa opportunità straordinaria.


Non si tratta di diventare più "tecnologici". Si tratta di diventare più intelligenti. Di utilizzare questo momento storico per amplificare le nostre capacità umane, non per sostituirle.


L'intelligenza artificiale non è il futuro del lavoro. È il presente del pensiero evoluto.

E la domanda che dovremmo porci non è "Come posso usare l'AI?" ma "Come posso pensare meglio grazie all'AI?"


Se queste riflessioni risuonano con la tua esperienza e senti che potresti fare di più con l'intelligenza artificiale di quello che stai facendo ora, sono qui. Aiuto professionisti e organizzazioni a trasformare l'uso casuale dell'AI in sistemi integrati di pensiero aumentato.


#IntelligenzaArtificiale #PensieroAumentato #InnovazioneDigitale #Riflessioni #FuturoDelLavoro #Produttività #TrasformazioneDigitale


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Quando eravamo piccoli, la casa era vicina e fuori era tutto lontano. La prova? Non uscivamo mai senza il mitico gettone di bronzo (o ultimamente la scheda logora) per telefonare a casa in caso di necessità. Insomma, fuori si era sempre "lontani", in territorio nemico, potenzialmente pericoloso, avventuroso. Ora che abbiamo il cellulare in tasca, non esiste più questo problema: ovunque siamo raggiungibili e in un secondo sentiamo la voce dei cari come fossero lì. Se ci perdiamo c'è il navigatore incorporato e tutto sommato uscire di casa non è poi una grande avventura. Risultato? lo spazio è divenuto tutto uguale. Ma quando uno spazio è tutto uguale, significa che non è più spazio. Ecco, allora, che ci è venuto in soccorso il "tempo". Anche questo è accellerato! Una volta quando si andava via di casa, si rimaneva in pensiero. Se si tornava tardi, trovavi un genitore in apprensione. Certo, ci si giustificava che mica dappertutto si poteva telefonare... Oggi, invece, se l'amico non ci risponde alla mail entro qualche minuto, gli mandiamo un sms: l'hai vista? Perché non rispondi? E così abbiamo accelerato anche il tempo. Dobbiamo riappropriarci dello spazio Iniziamo dallo spazio. Come riappropriarci di questo senso di lontananza, di movimento, che abbiamo perso? Se vuoi capire a cosa alludo, basta che pensi all'ultima volta che ti sei dimenticato a casa lo smartphone. Non sei entrato nel panico? Non ti sei sentito improvvisamente in pericolo? Ebbene, come usare lo smartphone nello spazio? Tre suggerimenti: La prima cosa è accordarsi con chi vivi che per tot ore non ci sentiamo. Non perché sia successo qualcosa. Non perché non ci si voglia bene. Ma semplicemente perché siamo distanti fisicamente. Vi assicuro che la distanza fisica rende l'incontro successivo ancora più emozionante ed atteso. Il secondo suggerimento è quello di attivare la funzione "trova amici" (per IOS) o equivalenti. Permette di sapere in tempo reale dove si trova la persona amata. Così cessa ogni preoccupazione e ci sente improvvisamente liberi di non sentirsi e di non cercarsi. Terzo e ultimo: facciamo qualche azione nella giornata lasciando a casa il nostro smartphone: una breve passeggiata, portare la spazzatura nell'isolato vicino, andare a fare una piccola commissione. Ti assicuro che i contatti umani che ne ottieni in quel breve lasso di tempo fanno veramente la differenza. Cominci a guardare le persone con occhi diversi, meno distratti. Funziona! Perché tutto questo? Credo che la grande rivoluzione che stiamo vivendo (e di cui sto fornendo qualche piccolo contributo con il mio podcast La mia vita spaziale), ci obblighi ad un surplus di pensiero e di coscientizzazione. Altrimenti, senza che ne accorgiamo, siamo noi a cambiare dentro. E forse questo non ci farà molto piacere tra qualche tempo, quando ci accorgeremo di non saper più distinguere spazio da spazio. #filosofodigitale
Autore: Andrea Brugnoli 31 agosto 2018
Ebbene sì. Esiste davvero la filosofia digitale. Perché esistiamo noi in questo mondo e il mondo è diventato tutto ad un tratto digitale. Tutto è digitale Ormai il digitale ci pervade ovunque: i panorami vengono immortalati con gli smartphone che trasformano l'analogico cielo azzurro in miriadi di tonalità di blu discrete. Quindi, in tonalità ripetibili sui nostri innumerevoli schermi. Chi guarda più il cielo senza vederlo come da un telefonino? Ormai i nostri occhi si sono abituati allo sguardo 16:9! Anche l'orecchio non distingue più l'analogico dal digitale, tanto si assomigliano. I suoni che provengono da un viso pieno di espressioni (non emoji!), sono digitalizzati e trasmessi via etere (in realtà è tutto elettricità) ad apparecchi meccanici che ritrasformano i byte in movimenti di una piccola membrana che cerca di imitare il suono analogico. Tutto in un istante e con il nostro telefonino! Questo trasforma il nostro modo di vedere il mondo La filosofia digitale è quella parte di filosofia che studia questo impatto, appunto digitalizzando, cioè separando in piccolissimi byte (0-1) il reale che ci circonda. È un metodo che ha portato incredibili vantaggi dal punto di vista tecnico (e non solo) e che non è stato utilizzato quasi mai, invece, in filosofia. Il mondo decostruito e ricostruito è replicabile, utilizzabile, potenziato. Ma che legami ha con il nostro mondo reale? E non sono reali anche Internet, i Social, i nostri schermi, le relazioni che si fanno e si disfano in rete? Un blog per tutto questo Sì, ho deciso di rompere gli indugi e di pubblicare un blog dedicato al tema, perché la questione è fondamentale per la vita di milioni di uomini e donne che convivono senza troppo pensarci su con la tecnologia. Da una parte sono diffidenti, dall'altra la usano per cose basilari senza impicciarsi di come, in realtà, questa abbia un effetto spropositato nella nostra vita. Ho pubblicato un Podcast che ti invito a seguire: lo vedi nel link sopra. Si chiama " La mia vita spaziale ", perché vorrebbe aiutarti a fare della tecnologia più avanzata il pane quotidiano nelle azioni normali di tutti i giorni. Al lavoro e in casa. In famiglia e nelle proprie relazioni. Ti invito ad ascoltarlo, ad iscriverti e lasciarmi i tuoi suggerimenti e commenti. Dunque... partiamo!