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MARKETING E CHIESA: UN VERO PECCATO

ott 01, 2018

È un vero peccato che la Chiesa abbia perso il treno del marketing

Si potrebbero dire tante cose su quest'affermazione che soggiace a tutto il libro di Bruno Ballardini: Gesù lava più bianco , ma è proprio vero: la Chiesa non è più trendy e ha dilapidato il suo stupefacente bagaglio di marketing, che l'aveva resa grande nei secoli.

Se ci si pensa, aveva tutto: brand, logo, reseller, cultura, influencer, punti vendita capillari , come nessun'altra istituzione al mondo. Anzi, è stata sicuramente la prima, la perfetta, la migliore.
Ecco cosa l'ha resa, fin dai primi secoli, leader mondiale del brand positioning:

  • Logo: la croce, conosciuta universalmente e presente su ogni campanile, sul petto di Lady Gaga, tatuata persino dai suoi nemici su braccia, schiene e gambe. Meglio della mela di Apple o della virgola di Nike.
  • Reseller capillari: in ogni parte del mondo tu trovi un "punto-vendita" (le chiese e le cappelle) dove trovi stesso messaggio, stessa struttura (ben prima di Ikea), stessa disposizione: i banchi, l'altare, le statue universalmente disposte nel medesimo modo.
  • Marketing locale. Sì, ogni parrocchia sa bene cosa desiderano e chi sono i suoi clienti e per loro organizza eventi speciali e contestualizzati culturalmente. Meglio di Amazon.
  • Brand: la Chiesa Cattolica è una. Non sono permesse varianti. C'è persino un organo di controllo qualità (i Concili) che definisce ciò che fa parte della filosofia aziendale e ciò che non è Chiesa (e per questo ogni variante va perseguitata come nemica del brand). Decisamente più unica che BMW.
  • Influencers: i santi (che in vita hanno avuto vita dura), sono esaltati e beatificati perché grandi sostenitori del brand, nonostante tutto. La loro vita esemplare li ha resi modelli da imitare. Il culto della personalità è permesso con santini, canzoni dedicate, pellegrinaggi sui luoghi della loro vita. Persino gli oggetti da loro usati sono esaltati dai fan. Altro che Elvis!
  • Voice. La Chiesa ha un unico codice linguistico (il latino) parlato in tutto il mondo, che rende persone di razze e culture diverse perfettamente dialoganti tra loro. I termini sono univoci e non ci sono interpretazioni sui valori aziendali. Molto più universale del common English.
  • Sigla: il gregoriano era la colonna sonora di ogni evento ed era riconoscibile in tutto il mondo. Justin Bieber avrebbe solo da provare invidia.
Insomma, potrei continuare a lungo (invito a leggere il buon Ballardini): la Chiesa era un perfetto modello di marketing. L'ha inventato lei, dai tempi di san Paolo.

Mons. Ernesto Vecchi nel 1997: "Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa..."
Ma ora non è più sul pezzo. Nel giro di 40 anni questo immenso patrimonio è stato dilapidato in favore di una babele architettonica, liturgica, linguistica, culturale, dottrinale, senza precedenti.
Non entro nel merito (già fatto) dell'opportunità di una simile operazione dal punto di vita ecclesiastico o dell'evangelizzazione, ma mi unisco al coro degli intellettuali di tutto il mondo che il 5 settembre 1966 fecero uscire un primo appello a Paolo VI per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana (tra cui Jorge Luis Borges, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Giorgio De Chirico, Robert Bresson, Jacques Maritain, François Mauriac, Gabriel Marcel e molti altri).

Jenny Belardo
A questo coro dovrebbero unirsi ora anche i marketing manager di tutto il mondo : ridateci il modello di sempre e tenetevi le vostre chitarre, che ormai non se le fila più nessuno, sono démodé e sanno di anni '70, di capelli lunghi e di vecchi ormai decrepiti. Insomma, tornate al marketing che funziona.
Dovremo attendere un Jenny Belardo che capisca queste cose? Non per nulla questo strano Papa americano lo ha inventato un genio della comunicazione: un regista, Sorrentino.
Ma, forse, non ha inventato proprio nulla. Basta tornare alle fonti.

Ancora una volta, leggete Ballardini.

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Quando eravamo piccoli, la casa era vicina e fuori era tutto lontano. La prova? Non uscivamo mai senza il mitico gettone di bronzo (o ultimamente la scheda logora) per telefonare a casa in caso di necessità. Insomma, fuori si era sempre "lontani", in territorio nemico, potenzialmente pericoloso, avventuroso. Ora che abbiamo il cellulare in tasca, non esiste più questo problema: ovunque siamo raggiungibili e in un secondo sentiamo la voce dei cari come fossero lì. Se ci perdiamo c'è il navigatore incorporato e tutto sommato uscire di casa non è poi una grande avventura. Risultato? lo spazio è divenuto tutto uguale. Ma quando uno spazio è tutto uguale, significa che non è più spazio. Ecco, allora, che ci è venuto in soccorso il "tempo". Anche questo è accellerato! Una volta quando si andava via di casa, si rimaneva in pensiero. Se si tornava tardi, trovavi un genitore in apprensione. Certo, ci si giustificava che mica dappertutto si poteva telefonare... Oggi, invece, se l'amico non ci risponde alla mail entro qualche minuto, gli mandiamo un sms: l'hai vista? Perché non rispondi? E così abbiamo accelerato anche il tempo. Dobbiamo riappropriarci dello spazio Iniziamo dallo spazio. Come riappropriarci di questo senso di lontananza, di movimento, che abbiamo perso? Se vuoi capire a cosa alludo, basta che pensi all'ultima volta che ti sei dimenticato a casa lo smartphone. Non sei entrato nel panico? Non ti sei sentito improvvisamente in pericolo? Ebbene, come usare lo smartphone nello spazio? Tre suggerimenti: La prima cosa è accordarsi con chi vivi che per tot ore non ci sentiamo. Non perché sia successo qualcosa. Non perché non ci si voglia bene. Ma semplicemente perché siamo distanti fisicamente. Vi assicuro che la distanza fisica rende l'incontro successivo ancora più emozionante ed atteso. Il secondo suggerimento è quello di attivare la funzione "trova amici" (per IOS) o equivalenti. Permette di sapere in tempo reale dove si trova la persona amata. Così cessa ogni preoccupazione e ci sente improvvisamente liberi di non sentirsi e di non cercarsi. Terzo e ultimo: facciamo qualche azione nella giornata lasciando a casa il nostro smartphone: una breve passeggiata, portare la spazzatura nell'isolato vicino, andare a fare una piccola commissione. Ti assicuro che i contatti umani che ne ottieni in quel breve lasso di tempo fanno veramente la differenza. Cominci a guardare le persone con occhi diversi, meno distratti. Funziona! Perché tutto questo? Credo che la grande rivoluzione che stiamo vivendo (e di cui sto fornendo qualche piccolo contributo con il mio podcast La mia vita spaziale), ci obblighi ad un surplus di pensiero e di coscientizzazione. Altrimenti, senza che ne accorgiamo, siamo noi a cambiare dentro. E forse questo non ci farà molto piacere tra qualche tempo, quando ci accorgeremo di non saper più distinguere spazio da spazio. #filosofodigitale
Autore: Andrea Brugnoli 31 ago, 2018
Ebbene sì. Esiste davvero la filosofia digitale. Perché esistiamo noi in questo mondo e il mondo è diventato tutto ad un tratto digitale. Tutto è digitale Ormai il digitale ci pervade ovunque: i panorami vengono immortalati con gli smartphone che trasformano l'analogico cielo azzurro in miriadi di tonalità di blu discrete. Quindi, in tonalità ripetibili sui nostri innumerevoli schermi. Chi guarda più il cielo senza vederlo come da un telefonino? Ormai i nostri occhi si sono abituati allo sguardo 16:9! Anche l'orecchio non distingue più l'analogico dal digitale, tanto si assomigliano. I suoni che provengono da un viso pieno di espressioni (non emoji!), sono digitalizzati e trasmessi via etere (in realtà è tutto elettricità) ad apparecchi meccanici che ritrasformano i byte in movimenti di una piccola membrana che cerca di imitare il suono analogico. Tutto in un istante e con il nostro telefonino! Questo trasforma il nostro modo di vedere il mondo La filosofia digitale è quella parte di filosofia che studia questo impatto, appunto digitalizzando, cioè separando in piccolissimi byte (0-1) il reale che ci circonda. È un metodo che ha portato incredibili vantaggi dal punto di vista tecnico (e non solo) e che non è stato utilizzato quasi mai, invece, in filosofia. Il mondo decostruito e ricostruito è replicabile, utilizzabile, potenziato. Ma che legami ha con il nostro mondo reale? E non sono reali anche Internet, i Social, i nostri schermi, le relazioni che si fanno e si disfano in rete? Un blog per tutto questo Sì, ho deciso di rompere gli indugi e di pubblicare un blog dedicato al tema, perché la questione è fondamentale per la vita di milioni di uomini e donne che convivono senza troppo pensarci su con la tecnologia. Da una parte sono diffidenti, dall'altra la usano per cose basilari senza impicciarsi di come, in realtà, questa abbia un effetto spropositato nella nostra vita. Ho pubblicato un Podcast che ti invito a seguire: lo vedi nel link sopra. Si chiama " La mia vita spaziale ", perché vorrebbe aiutarti a fare della tecnologia più avanzata il pane quotidiano nelle azioni normali di tutti i giorni. Al lavoro e in casa. In famiglia e nelle proprie relazioni. Ti invito ad ascoltarlo, ad iscriverti e lasciarmi i tuoi suggerimenti e commenti. Dunque... partiamo!
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